mercoledì 12 novembre 2008

primitivo di manduria

(timbro postale: Roma – 03.07.97)

Caro Luca,
mi chiedo, è sera ma sono ancora in ufficio, se questa mia mal disposizione, questa mia difficoltà a comunicare con te derivi dal non avere molto da dirti, dal non volerti dire molto o più banalmente dal tempo che non c’è (se mai c’è stato) o ancora dal mio stato del momento(?).
Un ufficio deserto alle sette e mezzo di sera, poche luci accese, silenzio rotto dal brusio del condizionatore e del traffico del rincaso dabbasso, è un posto dove si può riordinare la mente e, come ora, scrivere.

Ci vuole il tempo che ci vuole per fare, il tempo che ci vuole per scrivere; anche solo per ragionare.
Perciò tempo mi sto prendendo dall’ultima tua, forse a tentare di dare un filo ai pensieri che vorrei parteciparti, forse per provare a dare una sub specie di logica o di ritmo compatibile alle mie giornate.
Ma poi se ne trova?
Stride lo scenario che descrivi dei tuoi monti e della cadenza del tuo vivere e il tuo argomentare con qualsiasi cosa io viva qui nella città eterna.
Eterna mutazione e in eterno caos.
Quanto (de)scrivi mi porta piacere doppio, per il saperti soddisfatto e per l’avere qualche elemento che corrobori il mio immaginare luoghi di pace dove il tempo (di nuovo!) abbia una scansione ancora umana.
Meglio: naturale.
Una pur piccola parte di me te li invidia e stasera, a marcare distanze e differenze, stapperò e carafferò un “primitivo di manduria”, quattordici gradi (mi pare) di rosso tarantino quasi da meditazione (non così lontano in realtà da certi vini friulani). Anche se la stagione è un po’ troppo calda per l’uso, lo accompagnerò con un arrosto di maiale fermo da ieri sera in forno con tutte le sue erbette (aggiunte a fine cottura) ad insaporirne la salsa. Confido che Villa Pamphili faccia salire al mio giardinetto qualche soffio di ponentino romano.
La realtà di quanto mi accade, intanto, mi fa invocare un rimbambimento da iperattività, da rumore di fondo e da metropoli che mi eviti di pensare, e perciò soffrire, troppo.

Vorrei girare per il traffico della vita con la stessa indifferenza dei conducenti di autobus.


(da “Un senso alle cose” – Boopen Editore – www.boopen.it)

Primitivo di Manduria:
uva rossa pugliese che sta conoscendo un suo rinascimento, non più adoperata come taglio ma vinificata in purezza. Dà vita a vini dal grande corpo e frutto, ma dotati allo stesso tempo di eleganza e capacità di evoluzione nel tempo. Da provare sulla fibra tenace di una carne di agnello cucinata alla brace. Bottiglie da non perdere: Primitivo di manduria Dunico 1999 Accademia dei Racemi e Primitivo di Manduria 1999 Felline.

1 commento:

Anonimo ha detto...

Visto che è citato il Merlot in un senso alle cose, mi permetto di consigliare anche un Primitivo Merlot...che da quel tocco di nonsoche, oltre a il nuovo primitivo del sessantennio che è goduria pura...

Sigurd