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mercoledì 22 aprile 2009

La signora Boyle

http://www.youtube.com/watch?v=c_vjAgy-jKo

In un programma che ha somiglianza con la nostra “Corrida – dilettanti allo sbaraglio” sale sul palco una donna timida, emozionata, bruttina, che dimostra più dei suoi quarantasette anni.
Il pubblico ride.
Lei viene da un paesino; lei ha passato la vita ad accudire la madre malata fino alla morte, due anni fa; è sola e dice di sognare di diventare una cantante professionista.
Il pubblico ride.
Poi lei annuncia che canterà un pezzo dal musical “Les misèrables” I dreamed a dream.
Canzone da mezzosoprano, difficile. Scelta significativa per il testo e per la storia del personaggio che la canta, nel musical.
(Fantine è una giovane ragazza madre. Per provvedere ai bisogni della figlia Cosette, decide di affidarla, cercando fortuna, prima presso l' impresa di Valjean, e in seguito come prostituta. Muore di stenti nonostante l' intervento di Valjean).
Il pubblico sorride e si predispone al dileggio.
Poi parte la base e Susan Boyle canta…
…in modo così straordinario che il pubblico, commosso, le tributa una standing ovation.
Se non avete visto il video fatelo perché fa pensare parecchio.
La rivincita della sostanza sulla apparenza, dell’essere sull’apparire.
Meraviglioso.

emmevù

There was a time when men were kind

When their voices were soft
And their words inviting
There was a time when love was blind
And the world was a song
And the song was exciting
There was a time
Then it all went wrong
I dreamed a dream in time gone by
When hope was high
And life worth living
I dreamed that love would never die
I dreamed that God would be forgiving
Then I was young and unafraid
And dreams were made and used and wasted
There was no ransom to be paid
No song unsung, no wine untasted
But the tigers come at night
With their voices soft as thunder
As they tear your hope apart
And they turn your dream to shame
He slept a summer by my side
He filled my days with endless wonder
He took my childhood in his stride
But he was gone when autumn came
And still I dream he'll come to me
That we will live the years together
But there are dreams that cannot be
And there are storms we cannot weather
I had a dream my life would be
So different from this hell I'm living
So different now from what it seemed
Now life has killed the dream I dreamed.

venerdì 6 marzo 2009

parole

Si parla, ci si spiega (o, almeno, ci si prova), si conta il peso delle parole e, a volte, si sbaglia il metro e tocca rincorrere il significato di quello che volevamo dire.
Resta delle parole il peso, sempre, e la responsabilità. Impegnano, significano, non possono essere irresponsabili altrimenti sono stupide.
Se sono leggere necessitano ancor più controllo, padronanza, responsabilità. Perché possono urtare, ferire, far male. Ma anche sorprendere, sbalordire, far sognare. Se serve, se riesce, se c’è un buon orecchio far pensare. Addirittura emozionare.
Dovrebbero essere sempre esatte. Adeguate.
Le parole per me sono importanti.
Ecco.
C’è una canzone che lo dice bene.


Emmevù

http://www.youtube.com/watch?v=57oMTDVSfd8

Le Mie Parole – Samuele Bersani

Le mie parole sono sassi
precisi aguzzi pronti da scagliare
su facce vulnerabili e indifese
sono nuvole sospese
gonfie di sottointesi
che accendono negli occhi infinite attese
sono gocce preziose indimenticate
a lungo spasimate e poi centellinate, sono frecce infuocate che il vento o la fortuna sanno indirizzare
Sono lampi dentro a un pozzo, cupo e abbandonato
un viso sordo e muto che l'amore ha illuminato
sono foglie cadute
promesse dovute
che il tempo ti perdoni per averle pronunciate
sono note stonate
sul foglio capitate per sbaglio
tracciate e poi dimenticate
le parole che ho detto, oppure ho creduto di dire
lo ammetto
strette tra i denti
passate, ricorrenti
inaspettate, sentite o sognate...
Le mie parole son capriole
palle di neve al sole
razzi incandescenti prima di scoppiare
sono giocattoli e zanzare, sabbia da ammucchiare
piccoli divieti a cui disobbedire
sono andate a dormire sorprese da un dolore profondo
che non mi riesce di spiegare
fanno come gli pare
si perdono al buio per poi ritornare

Sono notti interminate, scoppi di risate
facce sopraesposte per il troppo sole
sono questo le parole
dolci o rancorose
piene di rispetto oppure indecorose
Sono mio padre e mia madre
un bacio a testa prima del sonno
un altro prima di partire
le parole che ho detto e chissà quante ancora devono venire...
strette tra i denti
risparmiano i presenti
immaginate, sentite o sognate
spade, fendenti
al buio sospirate, perdonate
da un palmo soffiate

sabato 24 gennaio 2009

le 20 canzoni per "R"

Venti canzoni, soltanto venti, da portarsi in questo millennio; da condividere senza spiegare i personalissimi motivi di scelta; l’impegno di indicare – dove possibile – anche la versione scelta.
Non vi racconto le scelte di Piesse né le mie. A raccontarvi meglio il gioco vi regalo la scelta di “R”, grande amico dell’epoca che, per inciso, mi manca.
Altro inciso: la canzone più gettonata fu Stairway to heaven e, a seguire, Summertime e What a wonderful world.

…Ma mai nelle stesse versioni.
Ok. Qualcuno gioca?

Emmevù

1. Stairway to heaven – Led Zeppelin – BBC Sessions 1997
2. Il testament di Tito – De Andrè – La buona novella 1970
3. Creole love call – Duke Ellington – La storia del jazz 1927
4. On your shore – Enya – Watermark 1988
5. The sound of silence – Simon & Garfunkel – Greatest hits 1972
6. Imagine – Lennon – singolo del 1972
7. Where do the children play? – Cat Stevens – Tea for the tillerman
8. Whole lotta love – Led Zeppelin – Led Zeppelin II – 1969
9. Ho visto anche degli zingari felici – Lolli – St. titolo 1976
10. Hell’s bells – ACDC – Back in black
11. Emozioni – Battisti – Gli anni 70 – raccolta
12. La cura – Bettiato – L’imboscata 1996
13. The battle of evermore – J. Page & R. Plant – No quarter 1994
14. Knockin’ on heaven’s door – Dylan – Pat Garret $ Billy The Kid
15. Smoke on the water – Deep Purple – Made in Japan
16. If – Pink Floyd – Atom heart mother 1970
17. Summer ’58 - Pink Floyd – Atom heart mother 1970
18. Aqualung – Jethro Tull – The best of
19. Yesterday – The Beatles – 1962-1966
20. Channels and winds – R. Shankar & P. Glass – Passages

sabato 13 dicembre 2008

piove

…ultimamente dalle parti mie ha fatto un po’ d’acqua.


Roma, 28 settembre ’97

Piove, Luca: a Roma piove da quattro giorni.
Noi romani non ci siamo abituati. Quando piove il traffico cresce, lievita, impazzisce come la maionese: si piglia la macchina anche per andare in latteria, per portare il cane a pisciare. La gente è nervosa e l’aria si carica di elettricità. Alla prima “gnegnarella” il romano dice che era ora, ci voleva proprio un po’ d’acqua ma poi il mattino dopo smadonna ‘che piove sempre.
Piove da quattro giorni e quattro notti senza fermarsi.
Incessantemente.

Piove fuori ma anche dentro di me.

Mi piove dolore e fastidio e nervoso anche se non sono mai stato metereopatico e anzi la pioggia mi piace, me ne piace l’odore e il sapore sulle labbra e il rumore sul tetto dell’auto e addirittura i finestrini da spannare.
Mi piace bagnarmi e, lo sai, non possiedo ombrello.

Piove e misuro me stesso a passi ansiosi intorno a fogli, bianchi e anacronistici, per riempirli di frasi raramente importanti per alimentare la nostra amicizia a cui tengo come a un figlio.

La tua lettera.
Tu hai ragione; io vergogna.

Si fa strada la nausea tra rigurgiti acidi di alcool mentre fumo una Camel senza filtro e ci giro attorno. Ci sto girando attorno ma il cerchio è diventato sempre più stretto, lettera dopo lettera.

Paradossalmente mi manchi: mi manca ora (qui e adesso) la tua razionalità magari esasperante, il tuo sottile ragionare, perfino la tua pignoleria del cavolo.
Mi scrivi, ti scrivo, mi rispondi e via e via…
Ci giro attorno, cerco appigli che ormai mi hai levato.
Inequivocabilmente.
Mentre alterno abissi a rare ilarità e mi trascino fuori da una depressione – chiamiamo le cose con il loro nome! – che mi preme sul petto e mi strizza lo stomaco non posso più perciò reggere il silenzio che mi ero imposto sul perché non voglia più vederti né sentirti.

(da “Un senso alle cose” edizione Boopen – 2007)

PIOVE
Hai visto che piove, guarda come viene giù
tu che dicevi che non pioveva più
che ormai non ti saresti mai più innamorata e adesso guardati sei tutta bagnata
e piove madonna come piove sulla tua testa e l'aria si rinfresca
e pioverà fin quando la terra non sarà di nuovo piena e prima o poi si rasserena
piove senti come piove madonna come piove senti come viene giù
senti le gocce che battono sul tetto senti il rumore girandoti nel letto
rinascerà sta già nascendo ora senti che piove e il grano si migliora
e tu diventi grande e ti fai forte e quelle foglie che ti sembravan morte ripopolano i rami un'altra volta questa è la primavera sulla porta
e piove madonna come piove e poi tornerà il sole a farci festa senti com'è che piove sulla tua testa tu che credevi che oramai le tue piantine si eran seccate e non sarebbero cresciute più hai aspettato un po'
ma senti come piove sulla tua testa senti come viene giù
non eri tu che ormai ti eri rassegnata e che dicevi che non ti saresti più innamorata la terra a volte va innaffiata con il pianto ma poi vedrai la pioggia tornerà
piove, senti come piove madonna come piove senti come viene giù!
(jovanotti - "piove")

http://it.youtube.com/watch?v=KOyRbrg25tY

sabato 29 novembre 2008

my favourite things (uno)

My favourite things.

Non sono un profondo conoscitore di musica; sono, piuttosto, un fruitore poco distratto. A volte prendo delle piccole manie. Questa canzone è una piccola mania. La intonava Julie Andrews (Mary Poppins: proprio lei!) nel film “Tutti insieme appassionatamente” (“The sound of music”). Usata come jingle dal programma radiofonico fare night (e che programma! C’era ancora una radio della rai – ora c’è un po’ di meno). Il bello era che hanno messo centinaia di stacchetti diversi. Ho fatto una ricerchina stupida stupida e ho scoperto che ce ne sono una infinità. Ho scoperto che in scooter o sotto la doccia viene benissimo e che ci si può divertire un sacco a scoprirne versioni straordinarie. Provate con youtube o con itunes. Ormai la adoro. La ho, perfino, cantata di fronte a un pubblico (avendo dalla mia un maestro al piano e un altro al sax) e invito a scoprirla o riscoprirla.

Provo a incollare il link con una versione del 1961 di John Coltrane.

http://it.youtube.com/watch?v=I_n-gRS_wdI

e poi il pezzo dal film con Julie Andrews…

http://it.youtube.com/watch?v=j9KwlIHcmq4

Raindrops on roses and whiskers on kittens
Bright copper kettles and warm woolen mittens
Brown paper packages tied up with strings
These are a few of my favorite things

Cream colored ponies and crisp apple streudels
Doorbells and sleigh bells and schnitzel with noodles
Wild geese that fly with the moon on their wings
These are a few of my favorite things

Girls in white dresses with blue satin sashes
Snowflakes that stay on my nose and eyelashes
Silver white winters that melt into springs
These are a few of my favorite things

When the dog bites
When the bee stings
When I'm feeling sad
I simply remember my favorite things
And then I don't feel so bad

giovedì 4 settembre 2008

Una città per cantare

UNA CITTA’ PER CANTARE

Grandi strade piene, vecchi alberghi trasformati
tu scrivi anche di notte perche' di notte non dormi mai,
buio anche tra i fari tra ragazzi come te
tu canti smetti e canti sai che non ti fermerai
caffe' alla mattina puoi fumarti il pomeriggio
si parlera' del tempo
se c'e' pioggia non suonerai
quante interurbane per dire come stai?
raccontare dei successi e dei fischi non parlarne mai
e se ti fermi convinto che ti si puo' ricordare
hai davanti un altro viaggio e una citta' per cantare




alle ragazze non chieder niente perche' niente di posson dare
se il tuo nome non e' sui giornali o si fa dimenticare
lungo la strada tante facce diventano una
che finisci per dimenticare o la confondi con la luna
ma quando ti fermi convinto che ti si puo' ricordare
hai davanti un altro viaggio e una citta' per cantare
grandi strade piene vecchi alberghi dimenticati
io non so se ti conviene i tuoi amori dove sono andati
buia e' la sala devi ancora cominciare
tu provi smetti e provi la canzone che dovrai cantare
e non ti fermi convinto che ti si puo' ricordare
hai davanti una canzone nuova e una citta' per cantare

Emmevu:

Quando ho sentito per la prima volta Jackson Browne che cantava Along the road ho pensato – ne ero sicuro – che avesse scritto la versione inglese della canzone di Ron. Questo la dice lunga su quanto fossero approfondite le mie conoscenze di musica straniera.

Parliamo degli anni settanta (non che siano molto migliori adesso).

I settanta sono stati anni dove, come tanti altri liceali, strimpellavo la chitarra.

Succedeva sia in un piccolo gruppo (con cui suonavamo cover di Santana, Beatles, Deep Purple e via dicendo) sia le estati al Circeo, in comitiva.

Lì le scelte erano più acustiche e la voglia di cantare tutti e fare casino scivolava sempre fatalmente sulla musica italiana e sui cantautori. Non seguo tutta la musica italiana, né ora né allora, ma ci sono un sacco di cose che amo.

Anche un sacco di persone.

Una città per cantare ti prende subito per come parte e ti tiene con quell’andare romantico, un po’ dolente, e ti parla di viaggi e di allontanarsi a suonare, di una solitudine allora sconosciuta che però dava l’idea che crescere sarebbe stato una gran ficata. Ti parla di una vita che percepivi subito come altra rispetto a studio e famiglia: ce n’era abbastanza per adottarla.


Piesse:

Non ricordo quando sentii per la prima volta “Una città per cantare”, ma ricordo perfettamente di aver pensato – prime note – che fosse un’ottima cover. Oddìo: allora non si diceva così. Una versione, si diceva, la versione italiana (vetusto vèrtere…noi del liceo classico). Un’ottima versione, che restituiva bene quell’enfasi tutta americana delle distanze.

Una sola cosa, un solo verso, non mi andava giù anzi, (diciamola tutta) mi faceva proprio arrabbiare: è quando dice: - …convinto che ti si può ricordare… -. Pessimo. Pessima metrica, rispetto alle altre strofe. Pessimo italiano, con (posso?) quell’… “oggettivazione riflessiva di un passivo!”. Per di più isolato dall’arresto della musica che - metrica esatta - in quel punto tace. Quelle tre o quattro sillabe scandite a strascico… Bah!

Lottavo allora, piacevolmente e intensamente, con la prima comprensione di un certo rock sinfonico britannico, con la sua esattezza per me sconvolgente; oppure restavo affascinato dalla semplicità rozza ma intensa di Neil Young. Forse perché, alle prime mie armi con la chitarra, che ancora mi accompagna, era l’unico che riuscissi a riprodurre discretamente. Mi servivo delle ballate americane solo per le atmosfere struggenti ed evocative. In un’età in cui l’unica vera …evocazione possibile era quella delle speranze.

Tra gli italiani, come tutti i coetanei, frequentavo Battisti, senza ancora comprenderne l’inarrivabile spessore musicale; o la Premiata Forneria Marconi, quasi in solitudine. Ma diffidavo del resto. Snobismo d’ambiente e, solo in parte, una vena di distacco politico. Altri tempi.

Ron piombò in tutto questo dal nulla.

Ma gli occhi di Cristina che mi guardano e sorridono, mentre cantiamo ‘Una città per cantare’, insieme a tutti durante una festa; e quella sua mano appoggiata al mio braccio, primo incerto e fiducioso contatto, ancora mi sgomentano.

…………………………….


Highways and dancehalls A good song takes you far Your write about the moon And you dream about the stars

Blues in old motel rooms Girls in daddy's car You sing about the nights And you laugh about the scars

Coffee in the morning cocaine afternoons You talk about the weather And you grin about the rooms

Phone calls long distance To tell how you've been Forget about the losses, you exaggerate the wins

And when you stop to let 'em know You've got it down It's just another town along the road.

The ladies come to see you If your name still rings a bell They give you damn near nothin' And they'll say they knew you well So you tell 'em you'll remember But they know it's just a game And along the way their faces All begin to look the same

And when you stop to let 'em know You got it down It's just another town along the road

Well it isn't for the money And it's only for a while You stalk about the rooms And you roll away the miles Gamblers in the neon, clinging to guitars You're right about the moon But you're wrong about the stars

And when you stop to let 'em know You got it down It's just another town along the way


http://it.youtube.com/watch?v=BfY0K3O07ko


YouTube - Jackson Browne - The Road

sabato 23 agosto 2008

the river Bruce Springsteen

THE RIVER.

Bruce Springsteen.

Ormai diversi anni fa stavo scrivendo una storia (che, per inciso, debbo ancora finire) in cui un protagonista metteva su una canzone – un brano, un disco – e ci si lasciava morire.

Intendo dire che si suicidava con i barbiturici.

Non ho mai avuto reali propensioni suicide e così mi interrogavo sulla scelta del brano; doveva essere bello, struggente, da poter sentire senza fermarsi lasciandosi andare in un sonno senza risveglio.

Chiesi un parere ad amici e ne nacque una discussione (paradossalmente non priva di humor). Un’amica mi convinse con “the river”.

Il libro non lo ho ancora terminato ma la canzone resta quella.

Chissà con che brano si suiciderebbe la gente.

Pensate pure al brano ma non fatelo….

http://it.youtube.com/watch?v=pDjQRgoOcpk&feature=related" target="_blank">The river

I come from down the valley, where mister when you’re young

they bring you up to do like your daddy done

me and Mary we met in high school when she was just seventeen

we’d ride out of that valley down to where the fields were green

We’d go down to the river, and into the river we’d dive

oh down to the river we’d ride

Then I got Mary pregnant, and man that was all she wrote

and for my nineteenth birthday I got union card and a wedding coat

We went down to the courthouse and the judge put it all to rest

No wedding day smiles no walk down in the aisle

no flowers no wedding dress

That night we went down to the river and into the river we’d dive

oh down to the river we’ride

I got a job working construction for the Johnstown Company

but lately there ain’t been much work on account of the economy

Now all them things that seemed so important

well mister they vanished right into the air

Now I just act like I don’t remember, Mary acts like she don’t care

But I remember us riding in my brother’s car

her body tan and wet down at the reservoir

At night on them banks I’d lie awake

and pull her close just to feel each other breath she’d take ………….

Bruce Springsteen “The river”

venerdì 22 agosto 2008

Cose. Francesco De Gregori

È come il giorno che cammina,come la notte che si avvicina,
come due occhi che stanno a guardare,da dietro una tenda
e non si fanno notare.
È come un albero nel deserto,
come un trucco non ancora scoperto,
come una cosa che era meglio non fare,come il cadavere di una stella, sulla schiuma del mare.
È fulmine, è grandine, è polvere, è siccità,
acqua che rompe l'argine e lascia una riga nera,
al primo piano della città.
C'è qualcuno che bussa, baby, aspettavi qualcuno?
Hai guardato di fuori, baby?E non ho visto nessuno.
C'è qualcuno che bussa, baby, e muove la coda,
c'è qualcosa che passa in questa stanza vuota.
Come una sagoma sul pavimento,
come sabbia sotto il cemento,
come una magra malattia,
come il passato, in una fotografia.
Come una terra che diventa straniera,
come un mattino che diventa sera,
sera di un giorno di festa, che diventa tempesta.
Come un lungo saluto,
come un sorriso che dura un minuto,
come uno squarcio buttato al futuro,
come un'occhiata, al di là del muro.
È venuto qualcuno, baby, che non si è presentato.
È venuto lo stesso, baby, ma non era invitato.
È venuto qualcuno, baby, che ci guarda e sta zitto,
e c'è qualcosa che cambia sotto questo soffitto.
È come un giorno che cammina,
anzi è come la notte che si trascina,
come una nuvola sulla coscienza,
come l'apocalisse, in un racconto di fantascienza.
Come dal nocciolo di un'esplosione,
come dal chiuso di una nazione,
come dal coro di una cattedrale o dalla tana di un animale.
Come dal buco di una chiave,
come dal ponte di un'astronave,
come io e te che stiamo a guardare
tutte queste cose,
passare.
C'è qualcuno che bussa, baby, aspettavi qualcuno?Ho guardato nel buio, baby, e non ho visto nessuno.Troppe volte zero, baby, non vuol dire uno,c'è qualcosa che brucia in tutto questo fumo.