mercoledì 1 ottobre 2008

Ritorni

La madre di mia madre, origini friulane, possedeva una casa nel Tarvisiano; casa che, un’estate dopo l’altra, un Natale dopo l’altro, mi ha visto passare bambino; adolescente inquieto; giovane esuberante; adulto spensierato; poi padre e compagno di via.
Da lì, in tempi ormai lontani, partivo alla conquista di boschi silenziosi e rifugi, riportando di volta in volta immagini; odori nuovi; sensazioni di vittoriosa stanchezza; funghi; mirtilli; erbe e radici.
In quei luoghi vissi spensieratezze ignare; prime infatuazioni; ideali di prova.
Lì sbocciarono i miei primi amori, entusiasmanti e passeggeri, coltivati in passeggiate romantiche, morbose di adolescenza innocente, alla timida scoperta di grazie e incanti misteriosi, e morbidi.

Lì consumai di domande, e chimere, le mie prime amicizie intense, tra estenuanti gare serali di “nascondino” e bagni di luna, di stelle e di parole, nelle tante notti di S. Lorenzo, naso all’insù a contare meteore.
Dapprima condotto da mio padre, quindi solo, ho poco a poco imparato quei monti e le loro acque gelide; i sussurri del vento e i profondi brontolii di nuvole cupe che si raddensano; ho imparato l’estasi rosa dei tramonti sulle rocce lontane; o i trasalimenti della neve che, di peso, scivola sulla neve, da un ramo di larice curvo, nel silenzio irreale.
Di quei posti conobbi, da alpino, la dolce malinconia delle lunghe sere in autunno, quando, a girare il paese, la fontana di piazza gorgoglia l’unico movimento oltre al tuo.
Ho imparato il valore del caldo di stufa, o di camino; il valore dei racconti di caccia, o degli auspici esperti sul raccolto del fieno; il valore della sapienza dei vecchi, che sbattono briscole consunte e ricurve, e sciolgono, lenti, le fragranze del vino, il legno e la terra, tra le labbra e le guance.
Da lì ho visto partire treni e illusioni, nel profumo acre del catrame di stazione, constatando spesso il ritorno soltanto dei primi; e ho acquistato giornali come fossi ai confini del mondo, per gustarne i sapori nei pomeriggi tranquilli, quando si medita il pranzo, prima di un gioco di carte.
Lì è sbocciata la mia ragione; lì la mia carne; lì la mia forza di adulto.
Quello il mio scrigno, e rifugio.
Lì ritrovo tutti i “me-stesso” che sono già stato.
Lì riporrò quelli a venire...
Piesse
Da una lettera scritta il 25 agosto 1995

1 commento:

Anonimo ha detto...

Una storia: nei primi anni ottanta una bambina viveva analoghe meraviglie, avventure, sensazioni ed esperienze in luoghi simili, non troppo lontani dal Tarvisiano. Iniziava così a prendere familiarità con quelli che, a distanza di diversi anni, sarebbero stati i luoghi della sua dimora, testimoni silenziosi di molte piccole e intime gioie.
Vederlo raccontato da altri in maniera così partecipata mi rende felice complice di questo sentire.